La negatività reprime la bontà

libertà dell'essere

La negatività reprime la bontà

Prima di cercare di comprendere la storia e l’anima dell’altro essere umano dobbiamo essere sicuri che dentro di noi c’è abbastanza spazio per lui. Per poterlo vedere per quello che è, dobbiamo essere in contatto con la nostra parte spesso più inesplorata. È la parte che “accumula” dei sentimenti che non accettiamo di provare: invidia, rabbia, paura, disperazione, impotenza, angoscia…

Dobbiamo esser certi che la negatività accumulata dentro di noi non agirà contro di lui passivamente o attivamente. Se non ci prendiamo cura del nostro dolore, della frustrazione, dell’invidia, della paura, della rabbia ecc., tutto si trasforma in un nodo di negatività che agisce inaspettatamente attraverso sarcasmo, giudizio, cinismo, “insegnamenti” e consigli non richiesti.

Se non comprendiamo noi stessi con il cuore e non accettiamo i sentimenti sgradevoli a noi stessi, non possiamo vedere realmente l’altro. 

La voglia di salvare l’altro è spesso un nostro bisogno e la compassione espressa in modo superficiale potrebbe essere un agito che tradisce noi stessi e l’altro. Percepire la propria negatività è un atto di coraggio, esattamente come accettare la propria fallibilità. 

Vedere le nostre ombre ci aiuta a vedere la nostra luce, ad avere il coraggio di chiedere e di ricevere in modo incondizionato.

Chandra-Candiani-olga-de-bacco

Chandra Candiani nel suo libro “Questo immenso non sapere” (2021) esprime molto bene la connessione tra la bontà del cuore e i sentimenti negativi che tratteniamo nel nostro interno:

«La compassione va oltre le regole. Se non abbiamo

la fortuna di esserlo già da sempre, come si diventa

compassionevoli? Stando con la propria crudeltà, con

l’indifferenza, sentendola, contemplandola e rinunciando

ad agirla. Non negare i cosiddetti sentimenti

negativi, ma anzi percepire il peso, il sapore, il restringimento

dello spazio della coscienza che portano con

sé è il primo passo verso la compassione; farsi spazzini

del cuore, anziché arredatori di luoghi non visitati,

non puliti a fondo, con lo sporco nascosto sotto un

impeccabile tappeto.

Chi crede di essere buono è pericoloso. Solo conoscere

la propria capacità di nuocere e addestrarsi a non

esercitarla può far accedere alla bontà fondamentale,

o intelligenza del cuore.”

Scott Baum, PHD Psicoterapeuta bioenergetico e un uomo con un’umanità straordinaria, parla molto spesso della bontà o della “bontà fondamentale”, come la chiama Candiani, e la chiama in inglese “goodness”. 

Per percepire la propria bontà originale dobbiamo iniziare ad usare la nostra energia vitale, spesso bloccata. Percepire la propria bontà originale aiuta a tenere il cuore aperto per cogliere la magia della scoperta di se stessi e dell’altro, attimo dopo attimo… senza dividere i sentimenti in positivi e negativi. 

Integrità di un essere umano sta nel saper accettare e accogliere tutti i sentimenti che emergono senza reprimerli. 

Saper affrontare vergogna e colpa, collegati alle emozioni e sentimenti che sentiamo dentro di noi, potrebbe chiamarsi coraggio: “cor-aggio” – Agire dal Cuore.

La negatività non ci fa credere nella nostra bontà, tuttavia lottare contro i sentimenti, rifiutandoli, non ci fa avvicinare alla nostra umanità, alla nostra bontà autentica. 

Abbiamo iniziato a provare la colpa e il dolore nelle relazioni e grazie ad esse possiamo lasciar andare i vecchi schemi. La ragione dell’ invito a lavorare all’interno di un gruppo è perché offre la possibilità di vedere noi stessi negli altri ed accedere alla nostra storia.

Vi invito a seguire le mie proposte e/o quelle dei miei colleghi sui seminari residenziali; rispettando sempre le misure di sicurezza Covid-19.