La vita e la morte

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La vita e la morte

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In questi giorni che ricordiamo i nostri cari che se ne sono andati…

Vent’anni fa mia nonna paterna ci ha salutati lasciandomi i ricordi meravigliosi del tempo passato insieme. Era il tempo denso tra il lavoro in giardino, tagliare legna per l’inverno, buona cucina, la cura degli animali e il divertimento. Lei era capace dell’umorismo, molto energica, forte d’animo e molto femminile. Amava vestirsi nei colori forti nonostante il conformismo che permaneva nell’area in quei tempi durante l’unione sovietica. Stare a casa sua immersa nella natura, piena di colori con le piante da frutta, suoni di campagna e il profumo della stufa a legna…

Era la mia unica nonna che ho conosciuto perché l’altra nonna, la mamma della mia mamma, è morta durante l’esplosione della fabbrica dove lavorava. Il mio compagno di scuola Vladimir ha trovato la tomba di delle persone morti e mi ha inviato l’anno scorso la fotografia.

Oggi ho pensato al collegamento tra la morte e l’amore. Quando muore una persona che amiamo sperimentiamo che cosa sia davvero la perdita. Che cosa sia la morte. L’esperienza della morte ci colpisce e ci fa perdere il controllo costringendoci a riflettere su di noi e molto spesso su tutto ciò che sino a quel momento della notizia abbiamo dato per scontato.

Spesso sento dire: ”Non parliamo di questo argomento”
Capisco che parlare della morte sia difficile, ci rimanda alla domanda “dove siamo oggi” nella nostra vita. Quando muore una persona cara e spesso anche meno cara, viviamo anticipatamente la nostra morte. Ecco perché parlare della morte è cosi difficile. Ci riporta alla nostra vita quotidiana: dove siamo, chi amiamo, come ci trattiamo, come ci sentiamo e qualcuno potrebbe scoprire che vive da morto.

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Molto spesso quando perdiamo una persona cara ci rendiamo conto di quanto la nostra comprensione di noi stessi dipenda dal rapporto con gli altri, con le cose che ci circondano, di quanto la fine di un rapporto ci può spezzare o congelare. L’avere accanto persone capaci di essere vicino senza “fare nulla”, ha un impatto sulla nostra capacità di affrontare la separazione e integrare il ricordo dentro di sé.

Nella nostra società la morte è un tabù, accade che quando si perde una persona cara viene trattata diversamente e al posto di “vicinanza” si ritrova nella solitudine. Tuttavia, ho sentito spesso dai miei clienti, incapacità ad affrontare un lutto.

Per rimanere in contatto con gli altri e per uscire dalla solitudine le persone in lutto sospendono le “tenebre nel cuore” e vanno avanti. Se la separazione dentro di noi non è stata elaborata portiamo nel cuore la perdita. Più una persona è stata vicina a noi affettivamente più c’è la sensazione che si è portata via una parte di noi.

Quando avevo 14 anni se ne andato mio nonno, quando ne avevo 36 anni ho perso mio padre e ogni volta sento che una parte di me se ne andata con lui. Fa parte della vita umana che la percezione di sé nasca essenzialmente dai rapporti con gli altri. Gli altri hanno suscitano in noi qualcosa e questo ci mancherà. Questa mancanza la portiamo dentro a lungo e la confonderemo con una parte di noi. Il nostro rapporto con l’interiorità, con il nostro più intimo se’ è determinato dai rapporti che abbiamo con il nostro prossimo, in particolare dai rapporti d’amore.

E se potessimo vedere l’argomento della nostra morte come una possibilità di comprendere in che punto siamo della nostra vita?


E se riflettere sulla nostra morte ci potesse aprire invece di “chiudere” velocemente l’argomento o “rimuovere” i pensieri?


E se il tema della nostra morte potesse aprire il nostro discernimento allargando la prospettiva della nostra esistenza a ciò che è veramente essenziale?


E se potessimo attraversare la paura della morte per sentire l’Energia per Vivere?


E se ci chiedessimo: “Cosa mi sta mostrando la vita?”.

Olga De Bacco

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