LE PORTE CHIUSE

libertà dell'essere

LE PORTE CHIUSE

Le esperienze traumatiche fanno parte della vita.
Le ferite esistono.
Soprattutto esistono le decisioni che abbiamo fatto quando siamo stati feriti che si sono trasformati in vere e proprie credenze che guidano le nostre vite.
Siamo stati feriti per l’inconsapevolezza delle altre persone e per la mancanza delle risorse che avevamo per proteggerci.
La nostra prima ferita è la ferita della nascita. Ogni emozione che nostra madre ha provato l’abbiamo sentito anche noi, ogni stress che la mamma ha provato il nostro corpo ha percepito.
Se un essere umano nasce in un ‘mondo’ freddo e indifferente, lo considera come l’unico mondo possibile.
Un bambino appena nato ha una grande capacità di sopravvivenza e adattamento, ha lo spirito tenace e vitalità immensa ma questo non significa che il suo corpo non ricorda la lotta con l’ostilità del mondo esterno, l’incomprensione dei suoi bisogni, la mancanza di sintonizzazione con i suoi stati emotivi, la mancanza della continuità di un contatto caloroso e della presenza.
Il trauma non è sempre un abuso o il trattamento sbagliato verso un bambino.
Esseri abbandonati a se stessi lascia una ferita,
Esseri azzittiti, soffocati con amore egoistico, esseri caricati dalle aspettative o paragonati agli altri lascia una profonda ferita del amore privato.

Tutto questo lascia dentro un dolore lacerante attorno al quale un uomo o una donna costruisce la propria vita.
Da adulti molto spesso non siamo consapevoli di quello che accadeva nella nostra infanzia. Eppure, in qualche modo il nostro cervello lo ha immagazzinato e lo vediamo quando i nostri figli manifestano quello che noi genitori riversiamo su di loro o abbiamo riversato su di loro.
I bambini non hanno le risorse per proteggersi, e per crescere fanno uno sforzo immenso per rimanere integri al costo di tradire la propria verità, autenticità e veri bisogni.
Quando una parte di te, adulto, è stata ferita, questa crepa e un’apertura, una porta. Ogni ferita è una porta.
Le conclusioni e le convinzioni che ti guidano sono le strade che aiutano a capire da che cosa ti proteggi.
Porte che conducono, per esempio, in quel luogo dove piangevi e nessuno è arrivato.

In 95 % dei casi i genitori reagiscono alla fragilità dei loro fogli con la rabbia e questa energia non integrata emerge con l’intenzione di rafforzare i figli, di renderti più forte, togliendoti invece l’umanità che è necessaria per vivere e non per sopravvivere.

Ogni ferita porta ai sentimenti che vogliamo evitare: la colpa, la rabbia, la vergogna, il disgusto. 
Abbiamo imparato che provare i sentimenti significa sentirsi sbagliati o essere difettati. 

Allora crescendo impariamo a ‘indossare’ una volta un personaggio, una volta un altro e la risposta dall’esterno che soddisfa la nostra aspettativa di conferma di essere accettati, amati, considerati determina CHI SONO.

Assicurarsi la sopravvivenza come erravamo costretti a fare da bambini: sostituendo quello che sono a quello che devo essere, indossando al certo punto uno schema, il quale mi avrebbe fatto sentire amato.

Che cosa c’è oggi? 

Ci sei tu con il tuo bambino sofferto dentro di te, con il cuore che vuole accoglienza ed essere amato. 

C’è una parte che ti protegge e ti dice che non hai bisogno di nessuno e devi farcela da sola o farcelo da solo.
Ci sono le crepe delle tue ferite che sono le porte che ti portano verso la tua energia e la tua liberazione.

Che cosa fare? È una domanda buona per smettere di cercare le soluzioni ma ascoltarsi senza fuggire dalle sensazioni nel tuo corpo, lascia liberi le tue spalle ed espira l’area e senza uno sforzo lascia l’area entra. Lascia la tua mandibola libera per accogliere il pianto e la rabbia trattenuti, prendo un respiro nuovo e cerca le tue porte chiuse.

Olga De Bacco