ALCUNE FORME DI PAURE

libertà dell'essere

ALCUNE FORME DI PAURE

A volte conoscerle e rispettarle ci fa bene.

Parliamo di paure.

– Paura della vicinanza. Porta al distacco e nella sua forma più estrema, alla separazione emotiva dall’altro: “ci sono, ma non ci sono emotivamente”. La vita priva del contatto umano.

– Paura della separazione. Provoca la depressione, la cui causa è l’assenza dell’altro, un senso di vuoto e di timore della solitudine. Per prevenire l’abbandono si guarda al futuro utilizzando le informazioni del passato – mai “vivere il presente”. La vita senza gioia.

– Paura del cambiamento o del fallimento. Provoca un’ossessione compulsiva che incoraggia la persona a stabilire il controllo, se non sull’altro, sulle circostanze che creano l’illusione dello stesso. Ha un impulso costante a caricarsi di impegni inconsapevolmente e di sentirsi attivo, utile o indispensabile, che causa una dispersione di energie essenziali per un corretto sviluppo del sè. La vita senza vitalità.

– Paura dell’assorbimento. È dettato da un’incapacità di difendere i propri spazi, di esprimersi, di dire di no e di  e di affermare sé stesso. Ciò porta all’espressione della necessità di stare nella mente, in cerca costante di strategie utilizzate per ottenere ciò che si desidera dagli altri senza costruire un legame o una relazione autentica, creabile solo da un luogo prettamente emotivo come il cuore. La vita colma di ansia repentina e difficoltà a sentirsi nel corpo che trasmettere costantemente la sfiducia come stato d’animo primario.

Karen Horney sosteneva che ci sono tre modi principali con cui le persone cercano di affrontare le paure.

In ogni caso, precisiamo che, la paura, conscia o inconscia, è proiettata sull’altro, che diventa senza dubbio un’eco della nostra impotenza nell’esperienza originaria della relazione bambino-genitore, richiamandola a sé nel presente come riflesso di un passato irrisolto.

Il primo tipo di comportamento consiste nella formazione di un modello comportamentale di subordinazione, cioè un atteggiamento verso l’altro che implica un riconoscimento implicito della sua superiorità. 

Come spesso accade, le decisioni che prendiamo, sono per la maggior parte inconsce e, attraverso delle giustificazioni razionali, siamo portati ad acconsentire avvenimenti a noi insoddisfacienti e, pur di avere rapporti con gli altri, evitiamo le discussioni o le difficoltà. In poche parole ci sottomettiamo all’altro per controllare la relazione. Per esempio: la strategia della subordinazione è possibile anche osservare in una relazione di dipendenza affettiva, dove questa si può presentare come una preoccupazione per l’altro, tuttavia è orientata al proprio bisogno di sicurezza senza un vero interesse per l’altro.

Il secondo tipo di comportamento a cui ricorriamo per far fronte alla paura è la rigidità o l’ostilità nelle nostre interazioni con gli altri.

Questa rigidità è dovuta alla disconnessione emotiva con le persone che si prendevano cura di noi nella prima infanzia. La logica e razionalizzazione della rigidità e della sfiducia negli altri si basa sulla convinzione che il comportamento degli altri sia dettato unicamente dal loro interesse personale e sulla convinzione che questi non nutrono nessun interesse genuino nei nostri confronti. Poiché siamo di fatto di fronte a una scelta naturale, “colpisci o scappa”, questa strategia tenta di assumere l’atteggiamento di una presa di potere sull’altro, prima che lui possa farci del male. È una forza o un impulso che è direttamente proporzionale alla paura che abbiamo dell’altro.

Le persone che cercano di controllare l’altro attraverso la provocazione o l’attacco, stanno cercando di gestire o di controllare le proprie paure attraverso l’aggressività che esprimono. Eppure incoraggiare la persona a guardare ciò che teme è un compito molto difficile, perché tutta la sua energia è indirizzata nella protezione del sé da queste stesse. 

L’aggressività diventa passiva quando una persona teme l’altro e quindi agisce in modo indiretto per la paura della reazione dell’altro. Spesso le persone che hanno il timore di esprimere loro disaccordo aggiscono in modo passivo-aggressivo. Un’altrpo modo di esprimere la propria aggressività in modo passivo è mostrarsi in modo sgargiante o appariscente.  

In un caso la persona dimostra il desiderio in modo indiretto (per esempio, girando attorno all’argomento) di risolvere un problema o di assumersi la responsabilità, ma non lo fa per la paura dell’altro o per apparire “buona”; in un altro caso, la persona fa osservazioni dure, ma quando viene confrontata, si ritira immediatamente diminuendo lo scontro o addirittura facendo il gentile o il compiacente. 

Il terzo comportamento che ci difende dalla paura dell’altro è naturalmente la fuga, l’evitare di mantenere una relazione, l’appartarsi o il chiudersi emotivamente, nonostante la presenza fisica.

Questa strategia è molto diffusa e probabilmente, solo non è riconosciuta come difesa, ma è anche spiegata razionalmente come introversione, sopraffazione dalle attività, stanchezza o semplicemente modestia e timidezza. Il rifiutarsi di essere diretti, di essere aperti, di essere emotivamente trasparenti, di non correre il rischio di avere relazioni più intime o vicinanza maggiore, sono ben note come forme impiegate per evitare la comunicazione

Per padroneggiare una comunicazione autentica ci vuole coraggio e rispetto verso sé stessi. Ci sono delle convinzioni e blocchi psicocorporei che ci proteggono dalla paura di essere sinceri e aperti. Senza una certezza di essere compresi subito, di essere accolti o riconosciuti, o con la convinzione che così possa essere, sentiamo l’insicurezza, che ci rende vulnerabili. 

Evitando la comunicazione, l’adulto non utilizza a pieno le sue risorse e la forza creativa e rimane parzialmente al livello di un bambino ferito (reattivo o silenzioso) ed indifeso nel suo sviluppo.

Horney descrive così le 3 strategie comportamentali che una persona usa per far fronte alla paura, ovvero: subordinazionedominazione e allontanamento.

È interessante notare che il sentimento dell’amore può rivelarsi un risorsa, un’energia per affrontare la paura.

Il contrario dell’amore non è l’odio, come è solito pensare, bensì la paura. La capacità di sostenere l’altro nella sua imperfezione e nei suoi atteggiamenti difensivi richiede un’ampiezza d’animo tale da permettere di affrontare la nostra costante paura inconscia

Amare l’altro, supponendo che abbia abbastanza potere per farci del male, è in effetti prova di un’anima ampia abbastanza e un senso di sé ben sviluppato, per non essere troppo prudenti nel momento quando si devono correre dei rischi di aprire il noscro cuore.

Queste sono le qualità che Aristotele aveva in mente quando parlava della “generosità” di una persona; una che ha un senso di sé sviluppato a sufficienza da poter, non solo permettere all’altro di essere l’altro, ma anche di aprirsi a qualsiasi sua forza e alla possibilità che ha di ferirci

Finché non mettiamo a prova di rischio la nostra generosità dell’anima, non possiamo dire che siamo capaci di amare, che siamo capaci di affrontare realmente le nostre paure. 

Aristotele ha colto e valorizzato la comunicazione, che distinguerebbe gli esseri umani dagli altri animali attraverso la parola: essa è capace non solo di creare immediato piacere o immediato dolore, ma discrimina anche il giusto dall’ingiusto, esprimendo nella ricerca umana una genuina passione per la comprensione della natura e di ciò che ci circonda, separando altresì il bello dal brutto. 

Quando siamo capaci di guardare e riconoscere le nostre paure, di stare a nostro agio in un’atmosfera di ambivalenza, ambiguità e nelle situazioni di incertezza, possiamo acquisire la fiducia in noi stessi necessaria per amare l’altro e per aprire il nostro cuore.

È un viaggio possibile. 

Spero che questo articolo vi ha aiutato a comprendere certi vostri meccanismi. E, senza il giudizio, potete prenderne cura.

Olga De Bacco

Karen Horney, Nevrosi e sviluppo della personalità. La lotta per l’autorealizzazione, 1981

G. Samek Lodovici, Aristotele, in Dizionario di economia civile, a cura di L. Bruni-S. Zamagni, Città Nuova, Roma 2009

Immagine: Sussurro di Franco Cola