IL CAMBIAMENTO E MALINCONIA
La riluttanza a cambiare è collegata alla paura di essere feriti.
Da bambini andavamo incontro alla vita in maniera innocente e totalmente aperta senza riserve e senza difese.
Poi qualcosa è cambiato. Qualcuno si è approfittato della nostra innocenza e della nostra apertura. Il nostro amore non è stato accolto e corrisposto, la nostra spontaneità è stata ridicolizzata, la nostra sensibilità è stata ferita, la nostra fiducia è stata tradita.
Da quel momento sono nati sospetti e riserve che variano: dal buon senso comune dell‘adulto maturo che valuta la situazione o circostanza alla difesa o resistenza totale a fidarsi, ad aprirsi e ciò che nuovo. “Non mi faccio più ingannare!”
Per difendersi e per sopravvivere usiamo molto spesso il meccanismo di REPRESSIONE.
Questa è una strategia della nostra psiche più semplice e più comune. Forse vi capita di sentire malinconia profonda, che tra l’altro spesso viene confusa con la tristezza o la solitudine nonostante la presenza degli altri, oppure la sensazione che è qualcosa è andato perduto. E’ la malinconia profonda.
E’ un conflitto interiore: da una parte c’è il sentimento di malinconia, dall’altra parte – una sensazione del rifiuto di coinvolgimento. Il RIFIUTO di coinvolgimento – non è la paura di coinvolgimento. Non confondiamo la paura e rifiuto!
Se cerchiamo consciamente o inconsciamente di liberarsene ci accordiamo che la presenza di questo rifiuto è troppo intensa perché la si posa eliminare, quindi si fa sienite sotto forma di insoddisfazione, noia, sentimenti di inautenticità, o altri disturbi emotivo o fisici.
La nostra ferita è la via per il cambiamento. La ferita di non essere visti, compresi, ascoltati, accolti ecc… La ferita di abbandono, umiliazione, rifiuto…
Se non ne prendiamo cura tratteremo se stessi nello stesso modo come involontariamente ci hanno trattato e, di conseguenza, tratteremmo anche gli altri con gli stessi meccanismi.
Molto spesso vedo le persone, soprattutto quelle che arrivano da me dagli altri percorsi, ad essere convinti di sapere della propria ferita ma proprio questo sapere “cristallizzato” non permette di sentire e di sentirsi, di scoprire e di scoprirsi… Di svelarsi nuovamente.
Bisogna abbandonare le vecchie abitudine, le convinzioni, le scoperte “di ieri”, affrontare le proprie limitazioni, assumere nuove responsabilità e adottare un ritmo di vita presente. Mi apro al “nuovo” rischiando di sbagliare. Come fanno i bambini…
Questi cambiamenti sono una conseguenza naturale della crescita.
Crescita non è solo avere consapevolezza di quello che sta succedendo ma anche l’agire diversamente.
Crescere vuol dire capire ciò che non siamo ancora riusciti a concepire, sentire ciò che non abbiamo ancora sentito, fare ciò che non abbiamo mai fatto; è osare ciò che non abbiamo mai osato; dunque può essere fatica: siamo obbligati a lasciare la nostra zona di sicurezza, a progredire nell’ignoto, a perdersi tra i fili di se stessi, di inciampare, di farsi penetrare dalla vita che “entra” e di arrendersi ad essa, ad affrontare la presenza del Sé corporeo con le sensazioni sconosciuti: i brividi, vibrazioni, stupore… A respirare il NUOVO.
Le meditazioni e le pratiche non possano sostituire la Vita. Aiutano, si, a ricentrarsi. Ma spesso vedo che la ricerca delle pratiche è un Jolly per non cambiare realmente.
La vita è osare a fare qualcosa di diverso. Di sentire quello che fa male a sentire. Di amare quando c’è paura di amare…
La malinconia è la causa di tanti sintomi psicosomatici.
Spesso la ricerca dei forti emozioni è una fuga dagli stati di noia che nascondano malinconia.
Forti emozioni non hanno a che fare con l’energia vitale. Continuo a ripetere durante i seminari che il dolore va affrontato. Va affrontato per incontrare la luce della gioia autentica.
La malinconia va esplorata.
Non coperta. Non compensata.
Con amore
Olga Jivan De Bacco