DARSI ALLA VITA COSÌ COME SI È

libertà dell'essere

DARSI ALLA VITA COSÌ COME SI È

Spesso chiamiamo amore o affinità un’interazione con l’altro che compensa le nostre mancanze.

Aspettative, richieste, bisogni dell’uno e dell’altro finiscono per sostituirsi al sentimento d’amore e rispetto.
In tenera età, tutti noi abbiamo imparato strategie per ottenere attenzione e affetto, che poi diventano automatiche.

Spesso, in un rapporto di coppia, chiediamo all’altro, in modo implicito o esplicito, di colmare quel “vuoto di me”, di soddisfare i nostri bisogni frustrati. Quando riusciamo ad essere credibili, inganniamo noi stessi e l’altro, credendo o facendo credere che siamo in una relazione d’amore.

Il “non aver bisogno dell’altro” è l’altra faccia della medaglia: mi rendo così forte e indipendente da smettere di sentire il bisogno dell’altro. Se il mio copione è di non aver bisogno di nessuno, il comportamento automatico è di non chiedere niente, di dare tanto per ricevere apprezzamento e amore.

Accade anche che al meccanismo di non chiedere niente si aggiunga il meccanismo del potere, che potrebbe diventare un vero sadismo: se mi chiedono, decido io quando e come dare agli altri.

Continuare a reprimere i propri bisogni, ignorare quelli dell’altro può dare l’illusione di libertà.
La libertà emotiva è una libertà dell’essere e non ama rigidità; ama il rispetto e i confini, che spesso sono fraintesi come rigidità, ma non lo sono. In questo caso, è facile attrarre partner con la tendenza a comprendere empaticamente l’altro e dimostrare amore. Il copione: uno scappa, l’altro ‘ammira’ la sua “libertà emotiva” e desidera conquistarlo ancora di più, confondendo questo con l’amore.
Può funzionare? Sì. Ma non tutto ciò che funziona e che eccita in modo immaturo è amore adulto.

I veli che coprono le nostre paure antiche ci chiudono in monologhi o dialoghi interni che ci convincono di avere ragione. “Abbiamo ragione” allo stesso modo, sia quando ci sacrifichiamo sia quando l’altro serve le nostre paure e angosce.

Dal primo incontro con la persona da cui siamo attratti scattano inconsapevolmente le proiezioni e i bisogni di ognuno sull’altro. Ma non è sempre “colpa” delle proiezioni. Se una persona ha difficoltà ad amare con il cuore ‘pieno’ o non regge l’intimità con l’altro, deve reattivamente o creativamente allontanarsi o respingere.

Ho lavorato per tanti anni nelle carceri e ho visto tanti occhi che non vedono l’altro perche loro stessi non sono stati visti e rispecchiati e, quindi, non hanno niente da proiettare. Le loro storie parlano di violenze, trascuratezza, abbandono, e tutto ciò porta l’essere umano a convivere perennemente con l’angoscia, che non permette intimità, calore, tenerezza e diritto di ricevere. La loro forza è difensiva e, sotto, sono molto fragili e frammentati. La loro mente si è difesa dal sentire…Dal sentire quella mancanza di cura e di attaccamento sano all’altro.
Ogni momento di intimità (anche minima) li connette con una sofferenza che non riescono a mentalizzare e di sentire il dolore nel corpo, e l’unico modo per loro è fuggire, congelarsi o reagire reattivamente (a volte violentemente) contro se stessi o contro gli altri.

Nonostante tutto, sono spesso persone con grtandi doti e carisma, che attraggono partner abituati da bambini sentire paura e freddezza, ostilità e manipolazione. Involontariamente, la loro psiche cerca i partner “irraggiungibili”, sperando di penetrare quel muro di insensibilità, di irraggiungibilità a livello del cuore da una parte e di contenere la loro reattività dall’altra.

Accade anche nelle relazioni professionali: il tuo copione si ripete nel momento in cui prendi distanza o potere; svaluti l’altro per reggere l’invidia o metti la maschera del buonismo e ti adatti a lui, diventando nel tempo passivo-aggressivo, oppresso e depresso.

Condivido queste riflessioni per far riflettere sul senso di inutilità e di poco valore che spinge un uomo o una donna adulta ad aderire a un copione e a usare le relazioni per sentirsi utili, indipendenti, speciali e, quindi, vivi. Ma non è una vitalità vera.

Se dentro non ho niente da dare, sarò impegnato a tempo pieno a controllare l’altro, direttamente o indirettamente, per ricevere un po’ di attenzione o per servire le sue paure, fuggendo dal senso profondo di inutilità, dalla mancanza di energia vitale e dalla motivazione di darsi alla vita.

Non chiamiamo amore lo sfruttamento.
Accade anche con i figli.
Accade anche con se stessi.

L’amore dovrebbe essere un incontro con se stessi e non una fuga da ciò che giudichiamo sbagliato; è un incontro tra anime, piuttosto che una richiesta di soddisfare le mancanze.
L’amore nasce dalla gioia e dalla pienezza, piuttosto che dalla frustrazione o dall’ammirazione.

Accogliere i bisogni è un atto di coraggio. Serve un grande coraggio per incontrare i sentimenti collegati ad essi: la perdita, la solitudine, la rabbia, l’impotenza, la disperazione… La confusione e la paura provocano rabbia. Inutile scaricare rabbia e frustrazione senza dare voce al cuore ferito.

Percepiamo i nostri sentimenti attraverso il corpo, e la prima reazione per non sentirli è la scissione tra la testa e il corpo. Lo scaricare attraverso il corpo le emozioni come rabbia, oddio, disperazione ignorando la ferita e le condizioni che l’hanno creato, oppure far tacere il corpo con sostanze o con ‘tecniche di controllo’ non permette di avere la consapevolezza di quello che sta succedendo dentro se stessi.

Comprendere se stessi in relazione con l’Altro è un dono inestimabile che possiamo fare per vivere con dignità e amore la nostra vita.

Com’è l’Altro dentro di te? Come lo vedi? Come lo senti? C’è spazio dentro di te accanto lui? C’è spazio per lui dentro di te?
E, piano piano, vedere l’altro per quello che E’ sarà la cura per la tua Anima.

Olga De Bacco